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di Gianfranco Rosi, documentario
(Italia, 2008)
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Vincitore fra i documentari presentati all'ultima Mostra di Venezia, girato in un centinaio di ore di materiale durante una convivenza durata quattro anni con un gruppo di persone (non dei barboni, non degli homeless, piuttosto dei profughi da quella che è diventata la civiltà a Los Angeles e dintorni) ritiratosi a vivere in un buco dimenticato del deserto del New Mexico; il primo lungometraggio (dopo il medio già interessantissimo BOATMAN passato a Locarno nel '93) di un cineasta nato in Eritrea e cresciuto fra l'Italia e l'America, non è esattamente un documentario. Lo definisce perfettamente Gianfranco Rosi stesso: "Questo film copre quattro anni della loro vita: accompagnandola, quasi invisibile, ho composto la sceneggiatura. Per questo non può essere definito un documentario, perché i protagonisti mettono in scena sé stessi, recitando loro stessi e la loro realtà". E, in effetti, ciò che colpisce dietro l'estrema naturalezza delle riprese, la grazia dei frammenti di vita, come delle musiche improvvisate dai personaggi, è la straordinaria maturità e puntualità dei dialoghi e delle situazioni. Quasi fossero state collocate con la misura e la riflessione di una lunga gestazione scritta; piuttosto che dall'arte infinitamente paziente dell'osservare e dell'ascoltare.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
da vedere assolutamente
da vedere
da vedere eventualmente
da evitare
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